Sette variazioni su Darth Vader

Sette variazioni su Darth Vader

Per poter parlare di Moravia e Topo Gigio sono dovuto passare per samurai, musei, Steve Jobs, l’immaginario, elmetti della seconda guerra mondiale, i fatti miei, e soprattutto Star Wars. Ecco le mie «sette brevi lezioni su Darth Vader», su «Prismo».

1. Vicino a casa mia, a Torino, c’è un museo molto bello che si chiama Mao, Museo d’arte orientale. In una palazzina del Seicento è ospitata una splendida collezione d’arte, manufatti e documenti dall’Oriente. Ogni piano è dedicato a una civiltà o a un’area culturale: c’è quello della tradizione indiana, il piano cinese, l’ultimo – ovviamente quello più alto – riservato al Tibet e al Nepal. Il mio preferito, però, è quello giapponese. Anni fa, quando avevo più tempo libero e più momenti di malinconia, poteva capitare che in un pomeriggio troppo lungo andassi al museo unicamente per salire al piano giapponese e sedermi sulla panca davanti alla teca delle armature dei samurai. Osservavo soprattutto quella in mezzo – ce ne sono tre se non ricordo male – nera e minacciosa, di ferro e di pelle, ne scrutavo le orbite vuote e stellari, l’elmo svasato, la fissità secolare.
Ricorda Darth Vader.

2. Ralph McQuarrie è il designer originale di Darth Vader. Nel 1975 Lucas gli diede l’incarico di dipingere cinque scene dalla seconda bozza del progetto originario per convincere la Fox a finanziare Star Wars. McQuarrie – in seguito insieme allo scultore Brian Muir e al costumista John Mollo – mise insieme divise tedesche della Prima guerra mondiale, gli elmetti sempre tedeschi (i German Stahlhelme) della Seconda e copricapo delle armature samurai del Giappone feudale.

Continua su «Prismo».

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