Ma i programmatori sognano pecore elettriche?

Ma i programmatori sognano pecore elettriche?

Su «Prismo» un pezzo su programmazione, Kant e me.

Prima di dedicarmi agli studi letterari, in un impeto di buon senso per me raro oggi come allora, decisi di iscrivermi a Ingegneria informatica. Era la metà degli anni Novanta, a Internet ci si collegava col 56k, Netscape era ancora relativamente una novità – eccitante, d’accordo, ma mai quanto un paio di anni prima era stato riuscire a collegarsi a un server in California e scaricare un txt via ftp. Google non esisteva e Yahoo era fatto, ecco, era fatto a mano. Davvero. Però bastavano queste cose per capire che qualcosa stava succedendo, e che era qualcosa di grosso. Ma non fu solo per una qualche confusa forma di razionalità economica che feci quella scelta: il fatto era che programmare mi piaceva.

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