Accanto alla macchina

Accanto alla macchina

Ci siamo affidati ai computer molto prima di capire cosa sono, cosa fanno, e soprattutto cosa ci fanno. Gli abbiamo affidato i nostri consumi, il nostro lavoro, la discussione pubblica, il dibattito politico e adesso ci ritroviamo con classi dirigenti selezionate dall’algoritmo e la “disintermediazione” che ha scalzato Higuaín come argomento da bar: bene o male (ma soprattutto male) oggi siamo costretti a farci i conti, ce lo chiede la realtà che a volte è ancora più severa dell’Europa, e in effetti iniziano ad accumularsi riflessioni interessanti e critiche su questi argomenti. Ma la macchina permette, anzi in un certo senso impone, una relazione così stretta, profonda e radicale che non saprei come definire se non come intima. E questo territorio, questo grado di vicinanza quasi sensuale che si instaura tra computer ed essere umano, in cui entrano in gioco la sfera identitaria, affettiva, erotica, mi sembra ancora in gran parte inesplorato. In particolare dal romanzo, dato che era proprio del romanzo il monopolio, per così dire, del discorso sull’intimità in Occidente. Il successo “virale” (concetto che vale tanto per una malattia quanto per un meme…) di un racconto come Cat Person dice anche questo: nella storia di Kristen Roupenian su un appuntamento andato a male e l’ambiguo fall out che lascia dietro di sé, tra sms stalkerizzanti ed emoji, c’è il desiderio di ritrovare nell’invenzione letteraria qualcosa che almeno provi a dare un senso al vivere e diventare adulti e avere relazioni in un mondo popolato da tinder, whatsapp, selfie #aftersex e dai loro peculiari e complessi codici.

Continua su «IL» del «Sole 24 Ore».

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