Edicola, amore

Edicola, amore

Il digitale ha cambiato la «dieta informativa» di tutti noi. Allargandola e diversificandola, certo, ma con delle conseguenze con cui dobbiamo ancora fare i conti. Non a livello di mercato, pubblici da raggiungere, sopravvivenza delle imprese editoriali (quello è un discorso che si è fatto e si sta facendo): ma su come sta cambiando la discussione pubblica. Risentimento, populismo, bolle informative, presunte élites, cosmopolitismo: tutto passa da qui. Ne ho scritto qualche settimana fa su pagina 99, nel pezzo che ripubblico qui. E poi è stata anche l’occasione per parlare del mio grande amore per lei, l’edicola…

Tra le tante nevrosi che possono affliggere la vita di un uomo la mia è, tutto sommato, una delle più innocue. O almeno così mi auguro. Arreca al massimo un po’ di fastidio a chi, in quel momento, mi accompagna. La mia mania è questa: mi devo fermare davanti a ogni edicola. Ecco, l’ho detto. O almeno rallentare il passo così da poter dare un’occhiata alle rastrelliere e agli espositori, controllare le copertine delle riviste, scoprire le novità, qualche gustoso allegato, il primo fascicolo di una raccolta. Lo faccio anche se so bene che non c’è nulla di nuovo, niente che mi interessi o che non sappia: e lo so perché l’avevo già verificato all’edicola di quattro isolati fa. E se da bambino pensavo che quello dell’edicolante fosse il lavoro più bello del mondo (poter leggere tutti i giornali che si vuole in ogni momento!), ancora oggi accarezzo l’idea di scrivere un libro che celebri questi cubicoli umili e famigliari, altari laici dell’identità nazionale.

A differenza di altre nevrosi, non mi sono serviti anni di analisi per venirne a capo. So benissimo da dove nasce questa ossessione: “quando non c<<’era internet” (per citare un bel libro di Angelo Morino di qualche anno fa), per un ragazzino in provincia l’edicola era l’unica finestra attraverso cui il mondo esterno faceva capolino nella tua vita. Come i campi in cui gli aerei delle organizzazioni umanitarie paracadutano le derrate alimentari, così correvi all’edicola per saziare la tua fame di novità, informazioni, fantasie, illusioni: prima fra tutte l’illusione di partecipare a una discussione pubblica più grande della cittadina in cui stavi. O almeno origliarla. Era il piccolo mondo antico della scarsità, in cui ci si doveva far bastare quello che c’era, anche se quasi mai quello che c’era bastava, o era esattamente quello di cui avevi bisogno.

Continua.

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