Come scegliamo cosa leggere

Come scegliamo cosa leggere

Le uniche persone verso cui riesco a provare invidia sono gli ossessivi. In particolare quelli che riescono a tenere una lista dei libri letti, ma anche dei ristoranti, dei film, delle serie, dei chilometri percorsi, dei posti visti. Ho un amico che ha annotato tutti i film visti al cinema, le persone con cui era, un breve giudizio sul film e anche sulle persone. Non ci sono mai riuscito. Ho iniziato mille volte e mille volte mi sono interrotto verso la settima voce. Le app a cui negli anni mi sono rivolto non hanno risolto il problema, dal momento che il problema sono io, che dovrei compilarle, non il modo in cui la lista viene creata. Capirete dunque l’ammirazione per Pamela Paul, l’editor della New York Times Book Review e responsabile dell’area libri di tutto il New York Times, che ha scritto My Life with Bob, curioso memoir sulla sua relazione con i libri che parte dalla lista, che l’autrice è riuscita a tenere (beata lei!), di tutti i libri letti fin da quando era adolescente. Il fascino della biblioteca, così come quello delle liste, è nell’idea di “pieno”, di completezza, insomma di presenza che restituiscono al compilatore: il piacere che viene dal possedere un’immagine di sé, dei propri gusti, della propria identità, osservando ciò che si è letto e raccolto. Un Io-fuori-di-sé, oggettivato, un feticcio suvvia, che mi ricordi che sono qualcosa invece che nulla, una «solida realtà», come direbbe Roberto Carlino, invece dell’incresparsi di un’onda nel tempo. Passatemi ancora una metafora immobiliare: sarà forse per la loro forma così simile ai mattoni che ci piace pensare che, mettendo in fila i libri, uno dopo l’altro su uno scaffale, si possa erigere un edificio (non si parla appunto di letture edificanti?), quando non un monumento.

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