Viaggio a Terralba

All’inizio di settembre, in un periodo strano della mia vita, sono andato in un posto in cui, nonostante fosse molto vicino a dove sono nato, non ero mai stato. Terralba è la tenuta dei nonni di Italo Calvino, passata poi allo zio Quirino, e ancora oggi abitata dai suoi eredi. È stata una piccola scoperta (di luci, di prospettiva). Di questo e di altro (soprattutto di altro) scrivo sulla «Review» in edicola oggi per tutto il mese di ottobre.

Infanzia sanremese intorno al millenovecentottanta

Illustrazione di Anna Deflorian

Qualche anno fa la rivista «The Towner» mi chiese un racconto “psicogeografico” sulla mia città, Sanremo. Ora che la rivista non c’è più, ripubblico qui il testo.


Me li ritrovo davanti all’uscita del cinema. Un muro di persone che guardano verso di me, ma non me. Non capisco chi siano o cosa stiano facendo. È da un po’ che manco da casa.

Sono dei turisti, mi sembrano russi, negli ultimi anni sono aumentati tantissimo – fuori dai ristoranti, quelli più alla buona almeno, hanno iniziato a comparire anche menu in cirillico. C’è pure una guida che dà le spalle all’Ariston e ogni tanto gira la testa per indicare qualcosa. Scattano delle foto.

Mi torna in mente quella scena di Rumore bianco, quella del fienile più fotografato d’America. Cosa c’è da fotografare? Cosa state guardando?

Il fatto è che, per chi è nato a Sanremo, l’Ariston è un cinema come un altro. È vero, è il più grande della città, fa anche da teatro (cose tipo: Pezzi da 90 di Max Giusti, o Quei due con Massimo Dapporto e un intenso Tullio Solenghi), ma resta quel cinema in cui a tredici anni andavi a vedere Indiana Jones e lultima crociata con Roberto e Fulvio. Se la televisione ingrassa le persone, di certo ingrossa i cinema di provincia: quello che sullo schermo appare come un locale enorme, lussuoso, con un palco profondo, in realtà è un normale cinema in cui marmi e infissi di lamiera si alternano senza imbarazzo, e quando non c’è la scenografia del Festival – che tracima a occupare anche le prime file – il palco è stretto e spoglio, le poltrone di quel velluto rosso che ti sembra sempre un po’ polveroso anche quando è stato appena pulito. Il marmo verdastro e l’alluminio dorato sono quelli di una città che stava vivendo il boom edilizio delle seconde case, il turismo di massa e l’immigrazione interna, e allo stesso tempo provava a tenere in vita l’eleganza blasée di quando era meta dell’aristocrazia inglese, russa e tedesca, e Sanremo era la logica prosecuzione della Costa Azzurra.

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Sulla «Review»

«In quei momenti mi chiedo com’è possibile che dopo aver passato la totalità della vita adulta a erigere muri abbastanza spessi per tenere fuori il mondo, per non farmene contagiare, dopo aver messo in piedi raffinatissime e complesse strategie di controllo dell’ansia, di minimizzazione della paura, ed esserci riuscito, ecco, com’è possibile che proprio a quel punto abbia deciso che tutte le mie fragilità, tutta la mia vulnerabilità, potessero andarsene in giro per il mondo per conto proprio in forma di bambina di tre anni e mezzo?»

Sulla «Review» del «Foglio» la vita, la morte, gli Strokes, DeLillo e tutto il resto.

I libri del 2022

Che anno è stato per i libri, il 2022?

Su Domani un bilancio di letture, titoli e tendenze.

Tra le righe la domanda se l’editoria è ancora – ammesso lo sia mai stata, ma personalmente credo di sì – il luogo, lo schermo, in cui il presente (acefalo, senza soggetto) se non pensa, quantomeno mostra se stesso? Leggi su «Domani».